Jeff Buckley: la voce che il rock non potrà mai dimenticare

29 maggio 1997 – La scomparsa di Jeff Buckley

Il 29 maggio è una data impressa nel cuore dei fan del rock alternativo: in quel giorno del 1997, Jeff Buckley scompariva tra le acque del fiume Mississippi. Una morte improvvisa, poetica e inspiegabilmente pulita. Nessun eccesso da rockstar, nessun abuso. Come dichiarò la madre Mary Guibert: “Nel corpo di Jeff non furono trovate tracce di droghe o alcol. Era sobrio. Amava solo la musica.” Si era immerso nel fiume vestito, cantando Whole Lotta Love dei Led Zeppelin. Poco dopo, una corrente lo trascinò via. Aveva 30 anni.


Un’eredità difficile e un talento precoce

Figlio del celebre cantautore Tim Buckley, Jeff non lo conobbe mai davvero. I due si incrociarono solo una volta, e il giovane Jeff visse quell’assenza come una ferita. Solo dopo la morte del padre decise di prenderne il cognome, scegliendo di confrontarsi con quell’eredità pesante. Cresciuto tra California e New York, affascinato da jazz, punk, musica etnica e chitarra elettrica, trovò la sua voce in una miscela unica. La sua carriera iniziò nei caffè di Manhattan, dove lasciava il pubblico in silenzio con interpretazioni vibranti e spirituali. Il suo primo e unico album in studio, Grace, uscì nel 1994, ricevendo recensioni entusiastiche ma vendite modeste.


Un artista venerato dai colleghi

Nel tempo, Grace è diventato un disco di culto. Bowie dichiarò che, se fosse stato costretto a scegliere un solo disco da portare su un’isola deserta, avrebbe scelto proprio Grace. Jimmy Page parlò di Buckley come di un'anima senza tempo. Robert Plant confessò di non riuscire ad ascoltarlo senza commuoversi. Le influenze di Jeff sono evidenti in molti artisti degli anni Duemila: da Thom Yorke a Matt Bellamy, da Chris Cornell a Rufus Wainwright. Ogni musicista che lo ha ascoltato sa che quella voce non era solo tecnica: era verità, dolore, bellezza pura.


Il culto dei fan, allora e oggi

All’epoca della sua morte, Buckley era ancora un artista emergente. Ma in pochi anni, la sua figura è cresciuta fino a diventare simbolo di autenticità, poesia e vulnerabilità. I fan lo descrivono come un angelo rock, una creatura fuori tempo. “La sua voce ti afferra e ti trasporta in un altrove”, ha scritto un ascoltatore su un forum. I suoi brani appaiono ancora oggi in film, serie e spot pubblicitari. Jeff Buckley è diventato leggenda senza volerlo. E forse, proprio per questo, è più leggenda degli altri.


🎧 Il brano da ascoltare: “Lover, You Should’ve Come Over”

Invece della celebre Hallelujah, oggi vogliamo ricordarlo con una canzone scritta da lui, vissuta da lui:
“Lover, You Should’ve Come Over” è un grido d’amore e solitudine, dolcezza e malinconia.
Una ballata che cresce, si spezza, si rialza, proprio come Jeff.

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