14 novembre 1967 – Hendrix & Pink Floyd alla Royal Albert Hall
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🎉 Introduzione – Hendrix, Pink Floyd & co. sullo stesso palco

Il 14 novembre 1967, la Royal Albert Hall di Londra diventa il punto di partenza di uno dei tour più psichedelici della storia del rock britannico. In cima alla locandina ci sono i Jimi Hendrix Experience, subito seguiti dai Pink Floyd di Syd Barrett, quindi The Move, The Nice, Amen Corner, Eire Apparent e The Outer Limits.
Hendrix arriva dai fuochi d’artificio di Monterey e da tre singoli già fortissimi in classifica UK (Hey Joe, Purple Haze, The Wind Cries Mary), mentre i Pink Floyd hanno da poco pubblicato The Piper at the Gates of Dawn, manifesto di un nuovo modo di intendere il rock psichedelico. È un vero “pacchetto itinerante”: 16 città, più di 30 show, un condensato di futuro radunato sullo stesso palco.

🧪 Dietro le quinte – Tempi, volumi e nervi tesi
La logica del tour è quella dei grandi spettacoli condivisi dell’epoca: agli Experience spettano circa quaranta minuti, a The Move poco meno di mezz’ora, ai Pink Floyd appena 15–20 minuti per incastrare le loro suite spaziali, mentre le altre band si dividono il resto del tempo. Tutti però condividono la stessa ossessione: spingere i volumi oltre il limite, saturare l’aria di feedback, riverberi, luci acide.
Il debutto alla Royal Albert Hall non è solo un evento per il pubblico, ma anche una prova di nervi per i musicisti. Il manager Chas Chandler ricorderà la tensione prima dello show: Noel Redding e Mitch Mitchell tesi, Jimi Hendrix silenzioso, concentrato, quasi pietrificato all’idea di salire su quel palco storico. Ma appena parte il primo accordo, l’ansia si scioglie nel rumore controllato della sua Stratocaster.
Un aneddoto racconta bene il clima competitivo del tour: sul bus che porta le band da una città all’altra, i rapporti non sono sempre idilliaci. Basti pensare agli attriti nati per un semplice amplificatore Leslie spostato nel posto sbagliato: bastano pochi secondi perché un manager intervenga, minacciando chi aveva osato “toccare l’attrezzatura del suo ragazzo”. In un carrozzone così pieno di ego e di volumi, anche i dettagli diventano materia esplosiva.

📣 La scena parla – Recensioni, spettacolo e personalità
Le cronache dei giornali musicali dell’epoca insistono su tre parole: assordante, colorato, nuovo. Tutte le band suonano forte, più forte di quanto il pubblico fosse abituato a sentire in un teatro. I recensori descrivono i Pink Floyd come uno spettacolo “pittorico”, dove le proiezioni liquide e le luci psichedeliche amplificano la musica fino a farla diventare esperienza totale.
Ma è soprattutto la presenza scenica dei Jimi Hendrix Experience a conquistare i critici: Hendrix viene definito un “showman assoluto”, un chitarrista capace di suonare con i denti, dietro la schiena, e contemporaneamente guidare la band con un controllo quasi telepatico. Accanto a lui, il basso di Noel Redding e la batteria febbrile di Mitch Mitchell portano sul palco un mix di rhythm & blues, rock e jazz che travolge chiunque.
Per molti osservatori, questo tour è la dimostrazione definitiva che la chitarra elettrica è diventata il vero centro simbolico del rock: gli Experience alzano l’asticella, e tutti gli altri sono costretti a inseguire.
🌍 I fan & l’impatto – Psichedelia in formato “pacchetto”
Per chi comprava il biglietto, quella serata alla Royal Albert Hall era un biglietto di sola andata per un’altra dimensione. Nel giro di poche ore si passava dal soul psichedelico di Amen Corner al pop elettrico di The Move, dalle strutture liquide dei Pink Floyd agli assoli incendiari dei Jimi Hendrix Experience.
Molti spettatori racconteranno che proprio quel tour fu la prima vera immersione nel rock del futuro: le canzoni non erano più solo melodie da sentire in radio, ma esperienze fisiche, fatte di luci stroboscopiche, proiezioni, volumi che ti scuotono lo stomaco. E in platea, tra il pubblico londinese del ’67, si aggira anche David Gilmour: di lì a poco entrerà nei Pink Floyd, cambiando ancora una volta il volto della band.
Quel 14 novembre 1967 non è solo “l’inizio di un tour”: è uno snodo in cui la psichedelia inglese esce dai club e prende d’assalto i grandi templi della musica.
🎧 Brano suggerito – “Purple Haze” (The Jimi Hendrix Experience)
Ascolto consigliato: The Jimi Hendrix Experience – “Purple Haze”. È uno dei brani chiave nelle setlist di quei concerti: un riff obliquo che apre uno squarcio nel cielo della Royal Albert Hall, una distorsione cremosa che sembra liquefare l’aria, un testo che mescola visioni, dubbi e quella linea immortale – ’scuse me while I kiss the sky.
Risentire oggi Purple Haze è come tornare in platea nel 1967: luci acide, amplificatori Marshall al limite, la Stratocaster di Hendrix che disegna nuove coordinate per tutto il rock a venire.
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